Cessione del quinto, Cass. Civ. sent. 15099/2021

La Corte di Cassazione conferma la legittimità delle cessioni del quinto rinnovate prima del termine, rigettando il ricorso. Sostiene l'approccio che queste non generano invalidità contrattuale ma proteggono il lavoratore, permettendo la sottoscrizione di nuovi finanziamenti, pur con il condizionamento di eliminare costi non ammortizzati dalla precedente cessione.

<<Il Collegio ritiene di non aderire a tale impostazione e di rigettare il ricorso con conferma dell’impugnata sentenza per le ragioni esposte dalla parte resistente e supportate, oltre che da pronunce  di questa Corte, anche da provvedimenti della Banca d’Italia e da pronunce dell’Arbitro Bancario Finanziario. L’orientamento consolidato, sia della giurisprudenza di merito e di legittimità nonché arbitrale, è nel senso che quella desumibile dagli artt. 38 e 39 del D.P.R. del 1950 non sia una invalidità che abbia riflesso sul contratto ma uno strumento di tutela delle ragioni del lavoratore il quale può provvedere anche alla stipula di nuovi contratti di finanziamento mediante la cessione del quinto purchè siano eliminati i maggiori costi che derivano dalla mancata possibilità, per il lavoratore stesso, di ammortizzare quelli della precedente cessione. Ne consegue che la ratio delle richiamate disposizioni non consiste nella invalidità del contratto di cessione ai sensi dell’art. 1418, I co. c.c. ma nella responsabilità, posta a carico del contraente professionista – intermediario finanziario – di accollarsi i maggiori costi della precedente cessione che non siano stati ammortizzati dal lavoratore per insufficiente decorso del tempo. La Banca d’Italia, con provvedimenti del 10.11.2009 e 7.04.2011, ha espressamente previsto la possibilità della estinzione anticipata delle cessioni e, per l’ipotesi di rinnovo di operazioni di cessione in violazione dell’art. 39 DPR 180/1950, ha previsto che i clienti siano ristorati  anche delle commissioni percepite dalla rete distributiva e delle quote non maturate dei premi assicurativi. Ugualmente nello stesso senso si pongono le pronunce dell’Arbitro Bancario Finanziario che escludendo espressamente l’invalidità del secondo contratto di cessione del quinto stipulato prima del termine previsto dalla normativa di settore. Ad opinare diversamente di realizzerebbe una ingiustificata compromissione della libertà negoziale del lavoratore ed una ingiustificata disparità di trattamento tra il consumatore che concluda un prestito con certe garanzie ed il consumatore che concluda un prestito previa cessione del quinto dello stipendio. Il Collegio, nel rigettare il ricorso, ritiene di dover dare continuità alla giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale “in relazione alla nullità del contratto per contrarietà a norme imperative in difetto di espressa previsione in tal senso (cosiddetta “nullità virtuale”), deve trovare conferma la tradizionale impostazione secondo la quale, ove non altrimenti stabilito dalla legge, unicamente la violazione di norme inderogabili concernenti la validità del contratto è suscettibile di determinarne la nullità e non già la violazione di norme, anch’esse imperative, riguardanti il comportamento dei contraenti la quale può essere fonte di responsabilità. Ne consegue che, in tema di intermediazione finanziaria, la violazione dei doveri di informazione del cliente e di corretta esecuzione delle operazioni che la legge pone a carico dei soggetti autorizzati alla prestazione dei servizi di investimento finanziario (nella specie, in base all’art. 6 della legge n. 1 del 1991) può dar luogo a responsabilità precontrattuale, con conseguenze risarcitorie, ove dette violazioni avvengano nella fase antecedente o coincidente con la stipula del contratto di intermediazione destinato a regolare i successivi rapporti tra le parti (cd. “contratto quadro”, il quale, per taluni aspetti, può essere accostato alla figura del mandato); può dar luogo, invece, a responsabilità contrattuale, ed eventualmente condurre alla risoluzione del contratto suddetto, ove si tratti di violazioni riguardanti le operazioni di investimento o disinvestimento compiute in esecuzione del “contratto quadro”; in ogni cado deve escludersi che, mancando una esplicita previsione normativa, la violazione dei menzionati doveri di comportamento possa determinare, a norma dell’art. 1418, primo comma, cod. civ., la nullità del cosiddetto “contratto quadro” e dei singoli atti negoziali posti in essere in base ad esso” (Cass.,1, n. 8462 del 10.04.2014; Cass., 3, n. 252 del 15.01.2020)>>.